Il panorama è tristo: nel sentire comune, oggidì ferrovia e treno sono visti come scomodi accidenti destinati a muovere sfortunati pendolari, studenti, pensionati, o poco più. Pure quando si parla di movimentazione delle merci, operativamente le aziende si prefigurano i camion, segnandosi al solo pensiero di affidare spedizioni critiche ad un vettore inaffidabile. La percezione, pur se difforme dalla realtà , è in gran parte meritata: il gestore ferroviario nostrano ha scarsissime propensioni a sposare la logica del servizio al cliente, nonostante vani tentativi operati a più riprese nel tempo. Le aziende del gruppo formano un muro di gomma capace di respingere, sovente in nome d’incomprensibili perché, la soluzione di problemi chiari, altrove quasi inesistenti, neutralizzando qualunque velleità , collaborativa o meno, da parte degli esangui proponenti. Mostrando simmetricamente il più fragile lato innanzi ai dettati dell’azionista di riferimento e parimenti, meno comprensibilmente, di fronte alle organizzazioni sindacali.
L’ampiezza dell’infrastruttura italiana su ferro, circa 16000 km di linea, è in leggera contrazione da tempo: fatto salvo l’incremento di pochi km per l’alta velocità , con l’ausilio della sordina si chiudono lentamente qui e là servizi su qualche ramo considerato secco a ragione, o a torto, come in Val Venosta.
Il disegno della rete, iniziato già dai primi anni dell’800, è proseguito improntando fortemente per il resto del secolo l’Italia a forza di pale, picconi, carriole, tante vite umane e pochi altri ausilî: a ciò dobbiamo le fondamenta di tanta ferrovia; molti manufatti storici, sovente trafficatissimi, sono d’importanza vitale ancor oggi. In qualche caso si tratta davvero d’opere straordinarie: ad esempio, la galleria di valico dei Giovi (oltre 3 km) sulla Milano-Genova, realizzata nel 1854 sotto l’allora Regno di Sardegna, o il traforo del Frejus (circa 13 km) iniziato tre anni più tardi ed ultimato nel 1869, all’epoca il più lungo del mondo, così come lo è stato il tunnel del Sempione (19 km) inaugurato nel 1906. E pure la più recente (1934) galleria dell’Appennino sulla Bologna-Firenze (oltre 18 km) non sfigura anch’essa, piazzandosi ancor ora entro le prime dieci al mondo.
Tramontato il periodo in cui il treno deteneva quasi il monopolio del trasporto terrestre, durante gli anni sessanta, nel tentativo di arginare le emorragie di passeggeri (complice la motorizzazione di massa e l’avvento del trasporto aereo), varie aziende di trasporto europeo pensarono a come velocizzare il trasporto ferroviario onde renderlo più attrattivo, emulando le contemporanee esperienze giapponesi: da un lato, agendo sui mezzi, con l’aumento della velocità dei veicoli mediante innovazioni tecniche (ad esempio con la compensazione dell’accelerazione tangenziale in curva); dall’altro, lavorando sul fronte dei tracciati, con la creazione di nuove linee. Fra le nazioni del vecchio continente, l’Italia affrontò in anticipo questi problemi: da una parte allestendo un particolare elettrotreno capace di viaggiare più velocemente su tracciati tortuosi, il Pendolino, successivamente esportato in parecchi altri paesi; dall’altra progettando l’attuazione del quadruplicamento della Roma-Firenze percorribile anche, a differenza delle successive lignes nouvelles transalpine, pure da treni merci. Nonostante i progressi ingegneristici e dei mezzi d’opera realizzati in oltre un secolo dall’avvento della ferrovia, la costruzione di questa direttissima, progettata nei primissimi anni ‘60, iniziata nel 1970 e tecnicamente realizzabile in una manciata di tempo, s’è compiuta solo durante il 1992 a causa d’ingiustificabili lungaggini. Lo stesso inaccettabile copione si sta grossomodo riproponendo per altre dispendiosissime linee Av i cui assi, pur fra vive perplessità , sono stati decisi da parecchio. L’intero percorso fra Torino e Napoli, sarà , con molti forse, compiuto per il 2010: sul resto della grande ‘T’, la Milano Venezia è accompagnata da nessuna previsione attendibile. Lo stesso vale per gli altri tratti in programma. Chiacchierando poco e spendendo assaissimo meno, lavorando di più e avviandosi molto dopo, la Francia ha in esercizio 1800 km di linea, detenendo nel contempo diversi record mondiali di velocità consecutivi. La Spagna, partita con l’Av verso la fine degli anni ‘80, da dicembre potrà legare rapidamente Siviglia a Barcellona via Madrid apprestandosi a raggiungere a breve il confine francese contando, probabilmente nel 2010, su ben 7000 km di linee Av: a mo’ di monito v’è però da segnalare, che, a quindici anni dall’apertura, il traffico sulla Madrid-Siviglia è molto distante dalle ipotesi attese.
Nel frattempo il trasporto aereo è evoluto con l’avvento dei vettori low-cost imponendo nuovi cambi di rotta sulle lunghe distanze: dilà da sbandierate ed assurde relazioni a scala continentale, da Lisbona a Kiev o da Berlino a Palermo il treno verosimilmente converrà probabilmente per viaggi intorno alle tre-quattro ore di percorrenza. Già oggi stanno iniziando a scomparire dall’orario ferroviario del nostro paese lunghissime connessioni nord-sud. Evitando di pesare sulle tasche del contribuente e degli utilizzatori, forse esse potrebbero essere esercite più convenientemente da aviogetti, con l’utilizzo migliore di più comodi e meno trafficati aeroporti sparsi sul territorio.
Rispetto all’aereo, l’indubbio vantaggio del mezzo ferroviario sta nella più prossima posizione dei punti d’interscambio ai fruitori: le stazioni. Questi importantissimi snodi cittadini sono stati trascurati per troppo tempo, retrocedendo da avamposti della modernità a banali tragitti ad ostacoli da compiere quasi in apnea e con la maggior celerità possibile. Fortunatamente, dopo molto tempo, la consapevolezza del degrado non è montata invano ed anche in Italia si sta cercando di porre rimedio con la ristrutturazione delle stazioni più importanti e l’approntamento di nuovi spazi dedicati espressamente all’alta velocità . C’è da sperare che la molta enfasi posta sulla scala commerciale dei progetti, ristoro necessario per gli investitori, non ecceda certi limiti trasformando gli spazi in sorta di vagli spennagrulli.
Oltre agli scali più importanti, quest’anno, tramite concorso, s’è inaugurata finalmente un’indispensabile stagione di riflessione sistematica già maturata in altri paesi europei relativamente alle piccole fermate onde dotarle delle necessarie attrezzature attingendo da un abaco comune a tutta la rete. Si tratta d’una serie di ragionamenti molto importanti, poiché, a causa della crescente congestione e dell’inquinamento, per le aree urbane - anche piccole -, l’attenzione si focalizzerà sempre più sul trasporto pubblico ed in particolare sulla ferrovia, destinata a giocare un ruolo ancor maggiore. Tuttavia, per convincere l’utente medio, schiavo dell’auto e riottoso a trasformarsi in viaggiatore, oltre ad agire sui nodi d’interscambio sarà indispensabile mettergli a disposizione treni confortevoli, frequenti e puntuali costruendo semplici orari cadenzati, con la proposta di sinergie che limitino al minimo possibile i cambi di mezzo. In questa prospettiva si stanno muovendo alcune città tedesche fra cui Kassel: qui, già dal 1992, l’accesso al centro si compie con l’uso di mezzi ibridi come i tram-treno, che penetrano in città su ferrovia per poi percorrere le strade civiche come mezzi urbani, esattamente nel modo in cui accade da poco in Francia a Mulhouse ed accadrà , ad esempio, fra poco tempo anche a Nantes. Pure in Giappone, col Dmv (Japanese Dual Mode Vehicle), s’è ripreso quello che potrebbe apparire un bizzarro progetto del passato: gli Schienen-Strassen-bus, sperimentati a Coblenza intorno agli anni ‘50. Si tratta di un altro genere di mezzo ibrido in grado di muoversi autonomamente sia su strada che su rotaie; insomma un veicolo che unisce i pregi d’entrambi i mezzi, destinato specialmente a servire le aree meno popolate.
Le idee non mancano per utilizzare al meglio la sempreverde ferrovia: fra il ventaglio d’alternative disponibili, bisognerà prestare attenzione alla crescente penuria di risorse. Con uno sguardo ai fondi a disposizione, sempre più limitati, le scelte dovranno essere oculate, rapide, trasparenti e condivise. Ed in nome del ripetutamente vituperato interesse collettivo, tutti noi dovremmo vigilare affinché ciò si realizzi opponendo un incrollabile « Volli, sempre volli, fortissimamente volli ».
Gabriele Toneguzzi
Articolo apparso su Il Giornale dell’Architettura, Rapporto Infrastrutture, Ottobre 2007
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